Cosa intendiamo con l'espressione "Adultizzazione del bambino"? Ecco un esempio: tra le mode più recenti (per lo meno sui social) vi è quella delle bambine creator.
Per chi non le conoscesse, si tratta di bambine che postano video nei quali mostrano come effettuano la loro “quotidiana cura del viso”.
Esperti del settore sanitario come pediatri e dermatologi, ne sottolineano i pericoli dal punto di vista medico ma anche in ambito pedagogico nascono alcune questioni che si collegano ad un aspetto più ampio: l'adultizzazione del bambino.
Sebbene tale fenomeno possa essere eccezionale non lo è questa tendenza.
Adultizzazione del bambino: quando i grandi interferiscono
Nonostante infatti i progressi ottenuti negli anni, soprattutto dal dopoguerra ad oggi rispetto al riconoscimento dei diritti dell'infante e dei minori in genere, l' adulto continua ad interferire con la crescita dei bambini dimenticandone, a volte, le esigenze.
Si tende infatti a rendere le giornate dei più piccoli simili a quelle degli adulti, scandite da impegni fissi, ricorrenti e sempre uguali a sé stessi: scuola-extra-casa-scuola-extra-casa.
In questo modo si dimentica l'importanza di alcuni elementi cardine dello sviluppo: il gioco, il movimento e la spensieratezza.
Sia chiaro, la questione non è se frequentare o meno corsi extra scolastici, né tanto meno la richiesta di rispettare delle regole ma le motivazioni che ci spingono a fare queste scelte.
Probabilmente siamo inconsciamente condizionati dalle pressioni sociali che richiedono l' acquisizione di skills (capacità) già in tenera età.
È noto che il periodo migliore per apprendere è fino ai 6 anni ma chiedere il raggiungimento di alcune prestazioni che non sono d' interesse del bambino/bambina o nelle sue possibilità a discapito di momenti di spensieratezza e di apprendimento “libero”, influisce negativamente sulla crescita.
Rispettare le tappe della crescita
Non si rispettano infatti le tappe necessarie allo sviluppo ma si salta direttamente al periodo del raggiungimento di prestazioni, delle responsabilità, degli impegni imposti dall' ambiente.
Possono quindi aumentare quelle sensazioni di inadeguatezza, di insicurezza, di competitività che, non avendo modo di essere elaborate e comprese, possono determinare delle difficoltà nella gestione delle emozioni con conseguenze nella sfera personale e relazionale.
È dunque possibile lasciare qualcosa per gli anni a seguire e godersi invece quelle esperienze che successivamente sarà sempre più difficile svolgere per le influenze esterne che sopraggiungeranno (impegni scolastici, con il gruppo dei pari, di coppia, lavorativi più avanti ecc).
Riflettiamo su questo aspetto soprattutto quando edulcoriamo queste scelte con aspettative di successi o traguardi che non considerano le aspettative del diretto interessato.
Domandiamoci quindi se quanto ci auspichiamo e chiediamo sia qualcosa che l'altro ha voglia di fare, che l'altro possa fare considerando capacità e limiti o se stiamo modellando l' altro per soddisfare e rendere concrete le nostre rappresentazioni o mancanze.
Anche questa volta non è semplice muoversi quindi non sentiamoci in colpa o inadeguati dal momento che sicuramente agiamo con le migliori intenzioni ma proviamo ogni tanto a fermarci, ad osservare chi abbiamo accanto per capire come si sente e a confrontarci con lui/lei per poterne comprendere i bisogni, per consentirgli (quando possibile) di esprimere le proprie preferenze e soprattutto per offrirgli la possibilità di godersi le conquiste insite ad ogni tappa della crescita.
Tutto ciò può aiutarci a rispettare il bambino e tutto quello che lo circonda.