L’adolescenza è una fase complessa, tanto per i ragazzi quanto per i genitori.
I figli affrontano cambiamenti fisici, emotivi e sociali, mentre i genitori, si trovano a rinegoziare la loro posizione in una relazione che si trasforma. Questo periodo richiede una presenza attenta, ma non invadente, e un delicato equilibrio tra guida e autonomia.
In questo articolo ci concentreremo maggiormente sulla figura della madre senza nulla togliere a quella del padre perché, se il bambino è venuto al mondo, entrambe le figure hanno contribuito ed è il bambino stesso, con la sua nascita, che li ha resi genitori.
Una figura di riferimento in evoluzione
Durante l’infanzia, la mamma rappresenta spesso il porto sicuro, il punto di riferimento stabile e costante.
Nell’adolescenza, questo compito non sparisce, ma si trasforma. I ragazzi iniziano a cercare maggiore indipendenza e sperimentano un bisogno fisiologico di distanziarsi dalle figure genitoriali per costruire la propria identità, per trovare la loro strada di uomini e donne nel mondo.
Questo distacco, seppur normale e necessario, può essere percepito come un rifiuto, generando sentimenti di insicurezza o perdita nel genitore.
Per mantenere un rapporto positivo con i figli, è fondamentale che le mamme accettino questo cambiamento come parte naturale del processo di crescita.
Anziché cercare di mantenere il controllo a tutti i costi, possono cominciare a pensare al figlio con rispetto per la sua autonomia di pensiero, mantenendo un dialogo aperto e costruttivo, rispettando di conseguenza i nuovi spazi di autonomia del figlio.
L’importanza dell’ascolto
Una delle sfide principali per le mamme durante l’adolescenza è quella di essere presenti senza essere intrusive. Il ragazzo ha bisogno di sentirsi ascoltato e non giudicato.
Creare un ambiente in cui il ragazzo si senta libero di esprimere emozioni e pensieri, anche quando questi non rispecchiano le aspettative del genitore, è essenziale.
L’ascolto attivo implica la capacità di porre domande aperte, di non minimizzare i problemi percepiti dall’adolescente e di evitare reazioni impulsive.
In questo modo, entrambi i genitori possono costruire un rapporto basato sulla fiducia, in cui il figlio si senta accolto e supportato anche nei momenti di difficoltà, ma anche nella realizzazione dei suoi progetti.
Una guida discreta e un modello positivo
Sebbene l’adolescente cerchi indipendenza, rimane sensibile agli esempi che osserva in famiglia. Il comportamento della mamma, il modo in cui affronta le sfide e gestisce le emozioni, rappresenta un modello implicito di riferimento.
Essere coerenti tra ciò che si dice e ciò che si fa è fondamentale per trasmettere valori e stabilire un dialogo credibile.
La guida materna, in questa fase, dovrebbe concentrarsi sull’offrire sostegno piuttosto che soluzioni pronte. Invece di imporre scelte, è utile incoraggiare i figli a riflettere sulle conseguenze delle proprie decisioni, promuovendo così il pensiero critico e l’autonomia.
Gestire il conflitto con consapevolezza
Il conflitto è una componente inevitabile del rapporto genitore-figlio durante l’adolescenza.
È importante che le mamme imparino ad affrontare i momenti di tensione con calma e consapevolezza. Piuttosto che reagire in modo emotivo, è utile adottare un approccio empatico, cercando di comprendere il punto di vista del figlio e mostrando disponibilità al confronto costruttivo.
Un rapporto che evolve
Il ruolo della mamma nell’adolescenza è quello di una presenza discreta ma costante: un sostegno che non soffoca, una guida che lascia spazio.
È un processo che richiede pazienza, capacità di adattamento e, soprattutto, fiducia nelle capacità del figlio di diventare adulto. Essere consapevoli che il proprio figlio ha un buon pensiero e sostenerlo in questo.
Accettare che i figli stiano costruendo la propria strada non significa perdere la relazione, ma piuttosto trasformarla. In questo percorso, i genitori rimangono sempre figure centrali: non più come co-piloti, ma come faro che illumina da lontano il cammino.
Il periodo di trasformazione dell’adolescenza, non farebbe più così tanta paura se gli adulti imparassero, fin dalla nascita dei propri figli, a percepirli come soggetti pensanti, con propri desideri e si ponessero nei loro confronti come partner. Non occorre preoccuparsi, ma occorre occuparsi di loro e con loro.